Muoversi 3 2021
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OLI USATI: DA OBBLIGO A SUCCESSO INDUSTRIALE UNICO IN EUROPA

OLI USATI: DA OBBLIGO A SUCCESSO INDUSTRIALE UNICO IN EUROPA

intervista a Riccardo Piunti


Riccardo Piunti

Presidente CONOU

Molte delle aziende che operano nel downstream petrolifero fanno parte del Consorzio sin dalla sua nascita. Aziende abituate a trattare materie prime pericolose. In che modo hanno contribuito al successo di un modello che non ha uguali in Europa?

In “primis” va appunto dato atto alle Compagnie Italiane di essersi attivate con prontezza al seguito della Direttiva Europea del 1975 che sanciva l’introduzione dell’EPR (Extended Producer Responsability, ossia Responsabilità Estesa del Produttore), dando vita alla macchina del Consorzio; in fondo l’olio allora lubrificante, quando non si immaginava neppure l’esistenza di un problema sulle emissioni di CO2, era l’unico prodotto petrolifero a restare in vita come rifiuto (gli altri finivano più o meno tutti combusti).

Non vanno pertanto sottovalutati l’impegno e la responsabilità che principalmente gli associati a quella che al tempo era l’Unione Petrolifera, oggi unem, si assunsero se pensiamo che oggi, in molti paesi d’Europa, il sistema, per gli oli minerali, non è ancora performante e i governi “ci stanno pensando” a quasi 50 anni di distanza dall’uscita della Direttiva. L’Agenzia francese per la transizione ecologica ha preso da poco in mano l’idea ed è venuta a consultarci per fare uno studio e identificare come poter rispettare un possibile futuro vincolo europeo a rigenerare gli oli usati per almeno l’85% (in Italia siamo a 99%).

Il principio EPR, in buona sintesi, dice al fabbricante di un prodotto: “guarda non te la cavi solo fabbricando, trasportando e fatturando al cliente, ma devi anche preoccuparti di organizzare le cose per gestire il destino del tuo prodotto quando non è più idoneo all’uso”. Credo sia stata una grande rivoluzione, in fondo il primo vero traino per la nascita della economia circolare.

Quando si arriva al 100% si deve avere un sistema che consenta di garantirne la qualità, quindi controllo a monte, formazione, informazione, differenziazione e concentrazione degli inquinanti

Oggi, appunto, si parla molto di economia circolare. Il Consorzio, e il mondo industriale che ne rappresenta la spina dorsale, sono stati dei veri e propri precursori. Come si può migliorare? E cosa servirebbe?

Questa è una domanda che credo imbarazzerebbe tutti i governi e tutti i cittadini, se si pensa che oggi nel mondo si estraggono risorse per circa 100 miliardi di tonnellate e se ne riciclano solo 8.

Non posso dare ricette valide per tutti, né mi compete; posso dire che l’EPR, il Consorzio senza fine di lucro, la raccolta gratuita, il “bilanciatore” unico di filiera, la priorità alla rigenerazione (quest’ultima ha origini che risalgono al 1940) sono state tutte formule di successo.

Formule, peraltro, che hanno consentito alle aziende di raccolta di crescere e allargare la loro sfera d’azione ad altri rifiuti da un lato e, dall’altro, di evolversi, modernizzarsi, insomma diventare medie imprese di valore. Il figlio di un nostro Concessionario mi ha detto di recente: “prima eravamo considerati rigattieri, ci snobbavano. Ora le nostre sono imprese riconosciute e di livello”.

Aggiungo, last but not least, il tema del controllo qualità; quando si inizia a costituire una filiera di riciclo, la materia da rigenerare si può scegliere; quando si arriva al 100% si deve avere un sistema che consenta di garantirne la qualità, quindi controllo a monte, formazione, informazione, differenziazione e concentrazione degli inquinanti.

Il CONOU ha vissuto e vive molte campagne di controllo su inquinanti che emergevano, improvvisi, dal nulla: ricordo il PCB, i fondi dei serbatoi commerciali del gasolio e il silicio, e le ha superate tutte seguendo questa linea guida: controllare, informare, differenziare e concentrare.

È evidente che per attingere alle migliori e più esperte risorse umane e competenze tecnologiche, in tema di ambiente e lubrificanti, con un occhio all’operatività e uno alle norme e le regole, non si può non appoggiarsi alle aziende stesse di unem e alla loro cultura

Nella sua prima intervista nella nuova veste di Presidente del Consorzio ha detto che “grazie alla transizione di unem, sia l’Associazione che il Consorzio hanno riscoperto le origini comuni”. Proprio nei giorni scorsi si è tenuta l’assemblea annuale di unem che vede nell’innovazione e nello sviluppo tecnologico i veri driver della decarbonizzazione, in particolare nei trasporti. Dove può portare questa rinnovata sintonia e come vede il futuro del settore che unem rappresenta?

Anche se può sembrare un paradosso, io credo che il fatto che il Consorzio, ricevendo nel 2017 uno Statuto rinnovato che affida alle quattro componenti (produttori di basi, rigeneratori, raccoglitori e venditori di lubrificanti) un pari peso nella compagine consortile, abbia significato per le aziende unem l’occasione per riflettere sulla rilevanza, anche simbolica, che questa attività ha nella strategia di rinnovamento da loro intrapresa contestualmente.

Da parte del Consorzio è evidente che per attingere alle migliori e più esperte risorse umane e competenze tecnologiche, in tema di ambiente e lubrificanti, con un occhio all’operatività e uno alle norme e le regole, non si può non appoggiarsi alle aziende stesse di unem e alla loro cultura.

Volendo fare un po’ di storia, direi che sia stata una buona cosa che l’Eni, la principale compagnia Italiana, sia stata per molti anni azionista di un impianto di rigenerazione, agevolando il consolidamento di una struttura industriale (poi acquisita da Itelyum) che poi, se ben riflettiamo sulle difficoltà che in Italia la carenza di impianti di riciclo e rigenerazione pone ad altre filiere di rifiuti, si è rivelata determinante per il nostro successo “circolare”.

Tornando all’oggi, a titolo di esempio, ritengo molto utile la nostra partecipazione, promossa dal Presidente Spinaci, al gruppo strategico Lubrificanti di unem; penso che il nostro contributo, in altri termini il punto di vista “dalla parte del rifiuto”, possa sicuramente essere utile alle loro riflessioni, mentre, per noi, resta una opportunità insostituibile per poter seguire le evoluzioni tecnologiche e normative dei lubrificanti dalla loro genesi.

Del resto, siamo comunque nella stessa barca; se crescerà la qualità delle basi da loro prodotte, quella della nostra rigenerazione la seguirà, se i lubrificanti industriali e i loro usi “stressati” (per esempio i distaccanti nelle leghe) si evolveranno in una direzione, la qualità del nostro olio usato ne risentirà… se i loro additivi cambieranno, gli effetti a fine vita si vedranno nell’olio usato.

In termini di comunicazione, le aziende unem guardano oggi alle forme di riciclo e recupero con un interesse nuovo e pulsante, i siti industriali possono mantenere il loro ruolo magari rivolgendone l’utilizzo a queste stesse nuove attività; insomma camminiamo affiancati (noi molto piccoli) ma sicuramente più vicini.